Cammini

di Adelio Valsecchi

“La poesia è l’uomo” scrive Salvatore Quasimodo nel “Discorso sulla poesia del 1946.” La sua poetica poggia le motivazioni più profonde sull’uomo reale, che accetta le contraddizioni della vita e il suo svolgersi, che non si affranca dalle sofferenze e dalle ingiustizie, ma le giustifica in una prospettiva cristiana. Eugenio Montale continua sullo stesso orizzonte quando afferma come la vocazione del poeta sia essenzialmente didattica per promuovere l’essere umano alla sua dignità, a non aver disagio del nome che porta. Lo stesso Giuseppe Ungaretti verso la maturità rappresentava la poesia come una sorta di pellegrinaggio dell’uomo fra gli uomini per scoprire il senso della vita e abbandonarsi alla speranza che Dio non è mai lontano anche quando l’uomo fugge nella direzione opposta.

All’alba del terzo millennio Angelo Lazzati, uomo di grande umanità, si allinea alle trame e alla finalità pedagogiche di questi grandi poeti ed entra a pieno titolo nella fucina del patrimonio poetico italiano pubblicando la silloge “Cammini”. E’ una retrospettiva della sua vita, dedicata agli uomini e a Dio, sgranata con invincibile naturalezza con l’intento di evocare quei valori che il tempo non svigorisce ma si riconciliano, rinnovandosi alla dignità che all’uomo spetta per la sua realizzazione: l’amore, la vita, la morte, l’eternità, Dio, l’uomo nella sua storica condizione di vivere tra il bene e il male.

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